Tempo d’estate e di piatti “freddi”. Quando penso a questo periodo è immancabile la botta di nostalgia e i sensi di colpa per la “fuga” dal mondo georgico/pastorale ed ho bisogno della dose personale di proustismo e stasera me magno un piatto tipico della mietitura:
Fave franche o che dir si voglia ammaccate.
Ingredienti per 4 mietitori (si presuppone che i mietitori in questione siano molto molto affamati ): gr. 700 di fave bianche secche decorticate (ora sono decorticate a macchina,ma anticamente venivano ripulite per battitura, da qui il nome di “ammaccate”) una carota, un gambo di sedano, un pomodoro rosso maturo, un cipolla ed uno spicchio di aglio, un mazzetto di erbe odorose composto da timo, rosmarino e alloro, un bel cespo di di cicoria (l’ideale sarebbe la cicorietta selvatica,ma so bene che non è facile trovarla), olio BUONO e peperoncino.
Procedo: la sera prima metto ad ammollare le fave in acqua fredda e un pizzico di bicarbonato. Il dì appresso prendo una bella cazzarola ampia e alta e vi metto a freddo nell’acqua le fave, il mazzo di erbe, le verdure, l’olio ed il peperoncino e le lascio bollire al lungo finchè tutti gli ingredienti non si cuociono bene fino a disfarsi (almeno un’ ora e mezza). A fine cottura deve risultare un composto omogeneo dall’aspetto di purea e poi lo passerò al passaverdure per renderlo più cremoso e “liscio” e lo servo freddo nelle fondine accompagnato da un bel crostone di pane di semola e una croce di olio buono.
La stretta tradizione prevede che le cicorie vengano lessate e poi intinte nella purea. Il mio neurone fighetto preferisce intingere nel piatto la verdura direttamente cruda per creare un contrasto fra il mollo del purè e la “croccantezza” dell’erba, contrasto che si rinnova ancora di più fra il dolce del legume e il gioco amarognolo/piccante della verdura.
Dando spazio alla fantasia si possono ovviamente sostituire alla cicoria un mondo di verdure a seconda del “genio” del momento o volendo al posto delle verdure si possono aggiungere dei gamberi appena scottati in padella con una mulinata di pepe nero.
Che ci beviamo su? Un bel bianco con una buona spalla acida che ci pulisca ben bene la bocca dalla sensazione di “grassezza” che ci danno le fave e al contempo gareggi con l’amarognolo delle cicorie con una bella sensazione di mineralità sia in bocca che al naso, un vino che porti nel bicchiere e nel nostro cuore i ricordi di una montagna incantata con le rocce che profumano….un Vulcaia Fumè di Inama o un bianco vulcanico (nel senso che è prodotto alle pendici dell’Etna) il Pietramarina di Benanti.